di Giulia Palummieri
Quando pensi a Roma, ti viene in mente la città che il mondo ci invidia, culla di storia e bellezza senza tempo. Ma Roma ha molte facce, e non tutte brillano sotto il sole. Da una parte ci sono le case popolari, spesso associate a privazione, degrado e incattivimento. Dall’altra, i palazzi dorati, dove il troppo a volte pesa quanto il nulla. Due mondi che si osservano a distanza, ma che condividono, in modi diversi, fragilità e disillusioni.
Si dice che chi vive in periferia sia vittima della mancanza: di risorse, di opportunità, persino di speranza. E purtroppo, frequentemente così è; altrimenti certe dinamiche non arriverebbero a essere luoghi comuni. Ma è altrettanto vero che la povertà non è una condanna morale, e la dignità non è un lusso. Esistono anche le storie di chi, con poco, sa prendersi cura di ciò che ha, rendendolo prezioso, ma in pochi ci fanno caso a distanza, perché non fanno rumore.
Dall’altra parte, però, c’è chi cresce nel lusso, dove tutto arriva facile e subito. Una sovrabbondanza che anestetizza, togliendo valore non solo ai beni materiali, ma anche alle relazioni. Molti di questi figli del privilegio sono lasciati soli, perché i genitori sono troppo impegnati, ma spesso dove sfocia questo non avere tempo? A inseguire l’eterna giovinezza, perché le apparenze vengono prima di tutto. Vali attraverso di esse. Ed ecco un padre che si misura sul numero di amanti sempre più giovani che può attrarre, una madre che si rifugia nel bisturi per cancellare ogni traccia del tempo. E così, la cosa più bella delle relazioni – invecchiare insieme – diventa una paura da cui scappare, sostituita da rapporti consumati nella fretta e nel vacuo.
Non si tratta di schierarsi. Nessuno è immune dal vuoto: né chi vive con poco, né chi vive nel troppo. La società ci insegna a misurare il valore di una persona in base a ciò che possiede, eppure chi ha troppo spesso si ritrova a essere un re o una regina senza corone interiori, mentre chi ha poco è costretto troppe volte a sopravvivere in un sistema che offre poche alternative. La vera sfida, forse, non è ciò che ci manca, ma come affrontiamo un contesto che ci spinge in direzioni che non scegliamo quasi mai, escludendoci prima ancora di darci una possibilità, o dandocene troppe. Ma guardateli bene alcuni di quelli che sembrano avere tutto, quei pezzi da 90 partiti da 83, sono spesso tristi anche loro. Allora non sarebbe meglio finirla con queste guerre tra falsi soldati e capire davvero come migliorarla questa società?
Didascalie foto:
- Il serpentone del Corviale
- Ingresso di un palazzo di Corso Vittorio Emanuele
- Un citofono delle case popolari di Tor Bella monaca
-----------------------------------------
*Tutte le foto presenti sono state scattate me. Puoi vedere altre immagini cliccando qui
----------------------------------------------
------------------------------------------------
Commenti
Posta un commento