Da questa storia ho preso spunto per una riflessione più ampia sul valore delle relazioni, sul modo in cui nascono e si trasformano, specialmente in contesti diversi come i piccoli centri e le grandi città. Nei paesi di provincia, le amicizie spesso si costruiscono per mancanza di alternative: ci si frequenta con le stesse persone, e questo può sembrare un limite. Eppure, in quella costrizione, c’è spazio per approfondire, per accettare difetti e divergenze, e spesso per creare legami che, seppur nati per necessità, diventano una ricchezza.
Nelle grandi città come Roma, invece, le amicizie sembrano sommerse da un mare di possibilità. C’è sempre qualcuno nuovo da incontrare, un evento diverso a cui partecipare, e spesso le uscite non sono più legate alla persona, ma al “fare cose”. È un vortice entusiasmante, ma rischioso: i rapporti possono diventare superficiali, frammentati, propedeutici al non andare da soli nei posti. Ci si vede, si condivide un’esperienza, ma il tempo per conoscersi davvero, per costruire una base solida, spesso manca.
E poi ci sono i social, che aggiungono un ulteriore livello di complessità. Una foto insieme non si nega a nessuno: è il biglietto da visita della nostra vita sociale, la prova che non siamo soli. Ma quello scatto, con i sorrisi in primo piano e i tag perfetti, racconta davvero qualcosa di autentico? O è solo un'immagine "vuota", utile a nutrire l’idea di essere popolari e amati, ma rigorosamente senza impegno? (perché sì, costruire un'amicizia vera non è semplice. Sono due percorsi che si uniscono verso una via comune)
La serie degli 883 ci ricorda che le relazioni autentiche non nascono dalla quantità, ma dalla qualità. Un’amicizia vera è fatta di condivisione, di sogni, di momenti difficili superati insieme. E questa verità vale ovunque, sia nei paesi più piccoli che nelle metropoli più grandi.
In una società sempre più ossessionata dall’apparenza e dai legami rapidi, dobbiamo chiederci: quanto siamo disposti a investire davvero nelle persone? E in un mondo che si interroga sui valori perduti, è davvero sempre il prossimo ad essere artefice di questo vuoto?
Se chiediamo agli altri ciò che vorremmo ricevere, perché non iniziamo a dare per primi? È la paura di essere feriti, o la stanchezza per ciò che abbiamo già sopportato? Ecco come nascono i mostri, ecco come si alimenta una società frammentata, dove sospetto e indifferenza regnano.
Ma non deve essere per forza così. Le catene possono essere spezzate, se decidiamo di fare il primo passo. Forse, come gli 883 ci hanno insegnato, il segreto sta nel tornare a ciò che è essenziale: sogni semplici, rapporti veri e la voglia di costruire, nonostante tutto.
Alla fine, anche Pezzali e Repetto si sono lasciati. Non è stato un tradimento, ma un’evoluzione naturale: due persone che, pur avendo condiviso una parte fondamentale della loro esistenza, sono cresciute in modo diverso, con gli eventi che hanno fatto il loro corso. Ma questa è un’altra storia. È la vita.
Guarda la serie "Hanno ucciso l'uomo ragno" di Sydney Sibilia: qui
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*Immagine creata da me
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