7 aprile 1976: a Primavalle il ricordo di Mario Salvi, simbolo della lotta sociale

Di Giulia Palummieri

Il 7 aprile, in piazza Clemente XI, Primavalle si è raccolta – ancora una volta – attorno alla memoria di Mario Salvi, militante comunista rivoluzionario ucciso a soli 21 anni. Un ricordo che, da allora, non è mai svanito, e che oggi continua a vivere in chi riconosce in quelle scelte un impegno per la lotta, la solidarietà e la coscienza civile.

Ma qual è la storia dietro quel nome?

Nel 1976, Mario Salvi partecipò a una manifestazione di solidarietà per l’anarchico Giuseppe Marini, tenutasi davanti al Ministero di Grazia e Giustizia. La protesta, nata come atto di denuncia politica, degenerò rapidamente in scontri violenti, con il lancio di bottiglie molotov, a cui prese parte anche lo stesso Salvi. Il disordine si propagò nelle strade circostanti, costringendo molti manifestanti a disperdersi nelle stradine attorno a Campo de’ Fiori. In quel contesto caotico, due agenti di custodia si lanciarono all’inseguimento. Uno di loro, Domenico Velluto, esplose un colpo di pistola ad altezza d'uomo, colpendo Salvi alla nuca e uccidendolo in via degli Specchi.

Quel giorno divenne l’ennesimo tragico emblema di una stagione attraversata da tensioni estreme, in cui

la repressione dello Stato si manifestava con ferocia, senza mediazioni. E le domande, da allora, restano aperte.

Secondo la ricostruzione dei Comitati, infatti, “Gufo” — così era soprannominato — fu colpito mentre camminava, non durante un atto di violenza né in fuga. Eppure l’agente Velluto, arrestato il 15 aprile con l’accusa di omicidio preterintenzionale, fu assolto il 7 luglio “per aver fatto legittimo uso delle armi”. Una sentenza che lasciò in tanti un senso di giustizia mancata.

Ed è proprio da qui che si torna a Primavalle, il quartiere dove Mario viveva. Ogni anno, amici, attivisti, residenti e nuove generazioni si ritrovano per onorare quel ragazzo che aveva scelto la politica come atto di coscienza, in un tempo in cui la militanza non si improvvisava, e l’impegno significava schierarsi, senza ambiguità, dalla parte degli ultimi, come aveva fatto lui.

Ricordare Mario Salvi oggi significa ridare peso a quegli ideali e accendere nuove scintille. In un presente spesso segnato da una politica vacua e opportunista, la sua vicenda riporta alla luce il valore – e il rischio – di credere che cambiare il mondo sia possibile, necessario, urgente.

Parlarne, oltre a rendere un caloroso omaggio, non serve a creare un mito. Serve per ricordare – o far scoprire – che la storia non è fatta solo di date e sentenze, ma anche delle tensioni morali e umane dietro quei fatti che ora ci sembrano lontani.

A quasi cinquant’anni dalla sua morte, la figura di Salvi resta un punto fermo per chi non ha smesso di pensare il mondo secondo la linea degli sfruttati. Perché, al di là delle ricostruzioni e delle sentenze, resta il fatto semplice e definitivo: aveva solo ventun anni. E sognava un mondo più giusto. Un mondo che ancora oggi non abbiamo.


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*Tutte le foto presenti sono state scattate me. Puoi vedere altre immagini cliccando qui  

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