Un Papa per gli ultimi: un addio che lascia una lezione di giustizia sociale

di Giulia Palummieri

Il 21 aprile, giorno in cui si celebra la fondazione di Roma e si tengono i riti pasquali, Papa Francesco ci ha lasciati. Una morte che non avrebbe dovuto coglierci impreparati, dato lo stato di salute del pontefice negli ultimi giorni, eppure così è stato.

In questo incrocio di eventi carico di significati, tutto sembra amplificarsi. Si intrecciano il sacro e il terreno, la Città Eterna e quest’uomo che tanto l’amava. Ma la verità, nuda e semplice, è una sola: la morte arriva inesorabilmente per tutti.

Ma quale “eredità” ci lascia il Santo Padre?

Fatti, non dogmi. Una fede che si fa carne sporca dove non c'è voce. 

Alcuni Papi guidano la Chiesa, altri riescono a parlare al mondo. Lui ha fatto entrambe le cose, ma soprattutto ha saputo farlo con un linguaggio capace di superare confini religiosi e barriere ideologiche. È stato un Papa, certo, ma il suo operato ha evidenziato la disuguaglianza, lo sfruttamento e l’indifferenza, trasformando la fede in un atto di giustizia, non di appartenenza. A quel punto, non contava più la veste né il pulpito: contava la lotta. In un tempo segnato dalla polarizzazione, ha rimesso al centro gli ultimi – non per simbolo, ma per scelta concreta e radicale. La sua è stata una voce che ha rotto gli equilibri, senza cedere alla comodità del compromesso, e per questo, ferventi cattolici o no, ci sentiamo tutti un po' più soli adesso.

Con questi presupposti non riesce difficile capire perché chi si è messo in fila per rendere omaggio non era lì solo per fede, ma anche per un profondo senso di riconoscenza. La lunga attesa, durata per alcuni anche otto ore, sembrava trasformarsi in un momento di riflessione condivisa e meditativa. Ogni istante di silenzio racchiudeva più di un semplice addio: c’era la consapevolezza che la sua figura fosse riuscita a dare un nuovo significato a quei valori cristiani che spesso sono solo chiacchiere da parte dei suoi più grandi rappresentati. O almeno, ci ha provato — con il sorriso, le battute, e sì, anche con qualche strafalcione importante. Tra i presenti, c’erano anziani, giovani, turisti e romani, perfino atei, tutti uniti nel riconoscimento di un uomo che, in questi anni, ha saputo affermare l’essenziale: il Vangelo è azione, le parole devono sporcarsi le mani, e la neutralità di fronte all’ingiustizia è già una scelta.

E ora? Morto un Papa se ne fa un altro? Sì, ma come? Non possiamo permetterci di tornare indietro.


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*Tutte le foto presenti sono state scattate me. Puoi vedere altre immagini cliccando qui  

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