Pastificio Futuro: la dignità del lavoro, la sostanza del cambiamento

di Giulia Palummieri

A Primavalle, durante la festa promossa dalla Parrocchia di Santa Maria Assunta e San Giuseppe, tra i profumi del cibo di strada, le mostre e la musica, c’è stato spazio anche per una riflessione civile concreta: l’incontro con un giovane dell’IPM di Casal del Marmo.

Nessun palco, nessun copione. Solo lui, in piedi tra la gente, con la sua voce ferma e vulnerabile, senza rifugi retorici né narrazioni consolatorie. Un vissuto che ha rotto il velo delle rappresentazioni stereotipate – quelle delle tanto amate fiction carcerarie – restituendo complessità, dubbi e contraddizioni.

Dopo aver condiviso frammenti di passato, il ragazzo ha parlato anche di Pastificio Futuro: un progetto che non si limita a offrire un mestiere, ma rappresenta una realtà concreta di reinserimento e dignità. Un contesto in cui si impara un mestiere vero, dove si è trattati come persone, non come casi da gestire. Un’impresa sociale, certo, ma anche un meccanismo etico e pedagogico: qui si apprende la cura, la puntualità, il rigore. E la qualità del prodotto – una pasta eccellente – non è un dettaglio di facciata, ma la prova concreta di un riscatto possibile.

Ma soprattutto si è parlato della forza dell’incontro giusto: quello che non si accontenta di rieducare, ma riconosce. Quello che non redime, ma accoglie. È lì che tutto comincia — nel sentirsi visti, nominati, ritenuti capaci di altro.

Con gli educatori ha testimoniato il senso del “guardare in avanti”, non più solo indietro, in un contesto dove ogni giorno rappresenta un margine fragile tra il dentro e il fuori, tra ciò che si è stati e ciò che si potrebbe diventare.

Lontano da ogni visione paternalistica, Pastificio Futuro non promette riscatti immediati, ma costruisce percorsi sudati, esigenti, radicalmente umani. Non è un’“esperienza” da raccontare, ma un processo che si incarna nel gesto quotidiano, nella disciplina appresa lavorando, nel riconoscimento di sé come soggetto attivo, non più numero in pasto alle misure correttive.

La qualità della pasta, reale (buonissima) e non simbolica, diventa così segno di una trasformazione profonda e tangibile. Non la “pasta dei detenuti” come leva per la coscienza borghese, ma il prodotto ben fatto, del singolo e in collettivo, che chiede rispetto, non compassione.

A Primavalle, quartiere popolare che conosce il senso dell’attesa e il valore della solidarietà, queste parole hanno trovato ascolto vivo e consapevole. Perché esperienze come questa non sono semplici “buone pratiche”: sono esempi di una società che prova, passo dopo passo, a non lasciare indietro nessuno.

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PASTIFICIO FUTURO - Via G. Barellai 140 - Acquista

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*Tutte le foto presenti sono state scattate me. Puoi vedere altre immagini cliccando qui  

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