di Giulia Palummieri
A sentirla nominare, “Roma Ovest” sembra quasi un’invenzione geografica, una di quelle espressioni buone giusto per orientarsi sulla mappa se, per tua sfortuna, devi recarti al Policlinico Gemelli. Ma racconta davvero un’identità reale questa area? Sì, se ci vivi e ci scrivi dentro la tua storia personale; per il resto, parliamo di zone fatte prevalentemente di case, dove tutto accade tra le mura domestiche o poco più in là. Eppure, da qualche anno, qualcosa sta cambiando: si va delineando la trama di un tessuto collettivo, ora descritto anche dai luoghi, dalle iniziative e dalla ritrovata voglia di comunità, perché, come ricorda il presidente del Municipio XIV, Marco Della Porta, “la cultura è il miglior antidoto alla solitudine”
Proprio con Marco Della Porta e il suo staff qualcosa sta cambiando. Non in modo rumoroso o spettacolare, ma con la costanza tipica delle rivoluzioni civili: il famoso andare piano per andare lontano, quello che poi diventa per sempre. La cultura — non intesa come istruzione — è tornata a essere uno strumento dotato di senso e peso specifico. Non un “di più”, non qualcosa in cui immergersi solo se ti sposti altrove e che “a casa tua” non può appartenere, se non per carità. E chi vive fuori dal centro non è protagonista, nemmeno da spettatore. Ma chi l’ha stabilito? In parte anche noi stessi, ogni volta che ci pieghiamo a ciò che ci viene imposto, invece di sfidarlo, anche nel più piccolo e indispensabile dei modi.
Il giorno successivo, fin dal mattino, non è stato da meno. E diciamolo: quanto è raro e piacevolmente insolito “fare cose” già dal risveglio? È così che ha preso vita una nuova tappa del Festival delle Passeggiate, ideato da Tiziano Panici e Giulia Anania che, già nei fine settimana precedenti, aveva attraversato il Municipio — e Roma intera — con la grazia e la forza di un racconto corale capace di restituire vita e dignità a ogni angolo dell'urbe, fino quasi a farlo arrossire di bellezza ritrovata.
Il titolo, “Tutte le strade portano a te”, non è casuale: suggerisce che ogni via, ogni piazza, ogni muro custodisca una voce, un frammento di significato. Le passeggiate teatrali e poetiche hanno portato unione, luce e meraviglia dentro e attorno al cosiddetto Bronx di Torrevecchia, trasformando quello sconfinato cemento che ti ingabbia in scene di vita, fascino e possibilità.
Lì dove la Roma sembrava aver smesso di raccontarsi, se non attraverso il degrado, loro hanno restituito parola e senso, quella voce autentica che si rivela solo a chi sa guardare davvero come un filo di prezioso che ricuce la trama della città.



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