Roma Ovest esiste? La risposta per il Municipio XIV

di Giulia Palummieri

A sentirla nominare, “Roma Ovest” sembra quasi un’invenzione geografica, una di quelle espressioni buone giusto per orientarsi sulla mappa se, per tua sfortuna, devi recarti al Policlinico Gemelli. Ma racconta davvero un’identità reale questa area? Sì, se ci vivi e ci scrivi dentro la tua storia personale; per il resto, parliamo di zone fatte prevalentemente di case, dove tutto accade tra le mura domestiche o poco più in là. Eppure, da qualche anno, qualcosa sta cambiando: si va delineando la trama di un tessuto collettivo, ora descritto anche dai luoghi, dalle iniziative e dalla ritrovata voglia di comunità, perché, come ricorda il presidente del Municipio XIV, Marco Della Porta, “la cultura è il miglior antidoto alla solitudine”

Proprio con Marco Della Porta e il suo staff qualcosa sta cambiando. Non in modo rumoroso o spettacolare, ma con la costanza tipica delle rivoluzioni civili: il famoso andare piano per andare lontano, quello che poi diventa per sempre. La cultura — non intesa come istruzione — è tornata a essere uno strumento dotato di senso e peso specifico. Non un “di più”, non qualcosa in cui immergersi solo se ti sposti altrove e che “a casa tua” non può appartenere, se non per carità. E chi vive fuori dal centro non è protagonista, nemmeno da spettatore. Ma chi l’ha stabilito? In parte anche noi stessi, ogni volta che ci pieghiamo a ciò che ci viene imposto, invece di sfidarlo, anche nel più piccolo e indispensabile dei modi.

Basta guardare le giornate appena trascorse. Si parte con una serata con Cristina D’Avena — icona pop di intere generazioni — che si esibisce a Torresina. Un evento impensabile qualche anno fa. Provate a chiedere a chi non abiti nei quartieri limitrofi dove si trovi questa zona, la risposta sarà un grosso punto interrogativo. Eppure, questa volta, le parti si sono invertite: qualcuno, tanti qualcuno, si è spostato appositamente per esserci, mentre gli autoctoni non hanno dovuto attraversare la città. È accaduto davvero. Gratuitamente, quindi nessuno è escluso se non per scelta propria. Poco importa se, dopo giorni di sole insolito per la fine di ottobre, ad una manciata di minuti dall'inizio del concerto si è scatenato un improvviso diluvio: nessuno ha lasciato il luogo. La pioggia è stata un fastidio, un timore di annullamento, ma anche una metafora perfetta: l’ostacolo da affrontare senza mollare mentre canti, e al fato puoi persino far capire che non ti ha sconfitto, perché hai l’ombrello. Una scena che vale più di mille discorsi.

Il giorno successivo, fin dal mattino, non è stato da meno. E diciamolo: quanto è raro e piacevolmente insolito “fare cose” già dal risveglio? È così che ha preso vita una nuova tappa del Festival delle Passeggiate, ideato da Tiziano Panici e Giulia Anania che, già nei fine settimana precedenti, aveva attraversato il Municipio — e Roma intera — con la grazia e la forza di un racconto corale capace di restituire vita e dignità a ogni angolo dell'urbe, fino quasi a farlo arrossire di bellezza ritrovata.

Il titolo, “Tutte le strade portano a te”, non è casuale: suggerisce che ogni via, ogni piazza, ogni muro custodisca una voce, un frammento di significato. Le passeggiate teatrali e poetiche hanno portato unione, luce e meraviglia dentro e attorno al cosiddetto Bronx di Torrevecchia, trasformando quello sconfinato cemento che ti ingabbia in scene di vita, fascino e possibilità.

Lì dove la Roma sembrava aver smesso di raccontarsi, se non attraverso il degrado, loro hanno restituito parola e senso, quella voce autentica che si rivela solo a chi sa guardare davvero come un filo di prezioso che ricuce la trama della città.

Nel pomeriggio della stessa domenica, nel teatro della parrocchia di Santa Maria della Salute, le note del concerto sinfonico di Europa InCanto hanno chiuso il cerchio con grazia ed eleganza. Un’armonia sottile, un momento di sospensione che ha riportato la musica classica tra la gente, nei luoghi del quotidiano. Poco importa (ancora) se, un istante prima, ti sei imbattuto nei fuochi d’artificio che — secondo la leggenda metropolitana — annunciano l’arrivo della droga: l'eleganza è riuscita comunque ad imporsi.

Roma Ovest, dunque, non è soltanto una direzione sulla mappa.
È un’identità che si forgia giorno dopo giorno, tra un palco improvvisato e una passeggiata poetica, tra il suono della pioggia e una sinfonia di clacson nel traffico.
E se qualcuno pensa ancora che la periferia resti indietro, dovrebbe venire a vedere cosa accade qui: una sfida vinta, quella di restituire alla comunità non solo i luoghi, ma i significati.
La strada, però, è ancora lunga. E quando sembra che tutto remi contro, emerge un’idea di città che non ha smesso di credere nella possibilità di cambiare. Insieme.

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*Tutte le foto presenti sono state scattate me. Puoi vedere altre immagini cliccando qui  

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